Diciamo che abbiamo un prodotto, un prodotto qualsiasi, e che vogliamo valutarne l'ecosostenibilità. Da dove cominciamo? Cosa guardiamo?
Con questo articolo vorrei provare a darti qualche linea guida per iniziare a identificare le scelte che vengono compiute dai vari produttori.
La quasi totalità degli interventi rivolti ad aumentare l'ecosostenibilità di un prodotto insiste sulle seguenti 5 macro-aree:
-
Materie prime: ci si concentra sugli "ingredienti" che vanno a formare il prodotto. Da dove vengono, se sono rinnovabili, se contengono contaminanti, quali lavorazioni devono subire per essere utilizzati, etc.
-
Lavorazione: si prende in esame il processo di lavorazione di un prodotto, le risorse (energia e acqua) che esso consuma, le emissioni e gli scarti che produce e come questi ultimi possano essere trattati.
-
Contenitore o packaging: si guarda al materiale di cui è fatto contenitore, al bilancio risorse/ scarti durante la sua produzione, se il contenitore sia poi riutilizzabile o riciclabile, etc..
-
Distribuzione: come arriva nelle nostre case? Perché il prodotto può essere fatto benissimo, ma se poi si deve fare mezzo mondo in aereo per arrivare fino a noi tanto vale.
-
Effetti dei residui sull’ambiente: una volta utilizzato, che effetti ha sull’ambiente "ciò che rimane" del prodotto?
Ognuna di queste aree è un mondo a sé di dettagli, di pro e contro, di compromessi economici e tecnologia disponibile, quindi non è pensabile che un consumatore possa (o debba) entrare troppo nello specifico.
Avere un'idea generale di dove si possa lavorare è però l’unico modo in cui possiamo scegliere cosa sia più importante per noi e su cosa noi vogliamo puntare per essere più ecosostenibili.
Adesso che abbiamo individuato queste 5 aree, possiamo nominare un po’ di paroloni e vedere dove agganciarli, così poi potrai sfoggiarli con sicurezza davanti alla birra con gli amici. Visto che siamo in un blog che parla di detersivi, cito solo quelli che sentiamo più spesso nel favoloso mondo delle pulizie.
Caratteristiche delle materie prime utilizzate
Origine naturale VS sintetica: si parla dell’origine e della lavorazione che le materie prime devono subire per essere utilizzate. Non c’è consenso su come definire materie "di origine naturale": a seconda di quanto severi si è, esse possono indicare materie prime che si trovano spontaneamente in natura, materie prime prodotte seguendo i principi della Green Chemistry [1] oppure materie prime ottenibili senza l’uso di petrolio o derivati. Per contro, a seconda della definizione che scegli, “sintetiche” indica tutto il resto.
Da agricoltura biologica: si intendono materie prime di origine vegetale dove, durante la coltura, non sono stati usati prodotti chimici specificamente esclusi dai vari disciplinari. Rigetta inoltre gli organismi geneticamente modificati e tutta una serie di pratiche ritenute troppo invasive per l’ambiente. Non c’è consenso scientifico sul fatto che questa tipologia di agricoltura abbia complessivamente un minor impatto ambientale rispetto a quella tradizionale né che i prodotti abbiano maggiori qualità nutritive [2].
Caratteristiche del packaging
Da fonti rinnovabili: il materiale di cui è fatto il packaging proviene da risorse che si rigenerano nel tempo, come la carta, il bambù o il cotone.
Da up-cycling: il materiale di cui è fatto il contenitore proviene dalla lavorazione di materiali di scarto di altri processi industriali, che in questo modo godranno di una seconda vita invece di essere buttati.
Riutilizzabile: il contenitore in sé può essere riutilizzato così com’è, senza bisogno di alcuna lavorazione a parte il lavaggio.
Riciclabile: il materiale del contenitore viene sottoposto a lavorazione, spesso intensa da un punto di vista di risorse, e utilizzato per ottenere altri prodotti dello stesso materiale.
I materiali si dividono in quelli che perdono in qualità durante il riciclo (carta, plastica) e quelli che – quasi - non ne perdono (vetro e metallo).
Compostabile: dopo essere stato degradato, il materiale può essere incorporato con sicurezza nel terreno, andando ad arricchirlo.
Scarti e residui
Biodegradabilità: questa grandezza descrive quanto una sostanza possa essere ridotta in componenti più semplici dall’azione di microrganismi. La biodegradazione può essere completa (ultima), quando i prodotti della degradazione sono sostanze stabili, non ulteriormente "spezzettabili", oppure non completa (primaria), quando si formano prodotti meno complessi ma non ancora stabili [3].
Tossicità: quando non è specificato altro, di solito si intende l’effetto tossico che il componente ha se ingerito o toccato. Questa è la grandezza che si vuole andare a vedere quando un prodotto è fatto per il contatto con la pelle (cosmetici, detersivi, farmaci in pomata...) o per l’ingestione (cibi, farmaci per uso orale...).
Eco-tossicità: anche qui si valutano gli effetti tossici sugli organismi viventi ma all’interno di ecosistemi. Questa è la grandezza che si guarda quando si cerca di valutare quanto dannosa sia l’immissione di un determinato composto nell’ambiente.
Bioaccumulo: è il meccanismo per il quale alcune sostanze possono accumularsi all’interno degli organismi, raggiungendo concentrazioni maggiori che nell’ambiente circostante e quindi aumentandone la pericolosità.
Con in mano questi concetti base, possiamo ora dedicarci ai nostri amati detersivi per la casa ecologici e andare a scoprirne tipologie, pregi, difetti e in che modo possono essere più ecosostenibili.
[1] What Is Green Chemistry?
[2] L'agricoltura biologica? Una moda irrazionale
[3] Biodegradazione